lunedì 16 settembre 2019

Fuori Allenamento

Provo a comporre un post una volta all'anno, dal 2015.
Ho saltato solo il 2018, forse perchè lo scorso anno mi ero piacevolmente rassegnata al non scrivere mai più.  Ci sono delle cose nella vita che lasciamo andare e si possono comodamente dividere in due gruppi: quelle di cui presto nemmeno ci ricorderemo e quelle che bruceranno sempre. Il non scrivere, inutile dirlo, appartiene a questa seconda categoria. Tutto è iniziato coi maledetti social, i post si sono fatti sempre più corti, sempre più rari, finchè non c'è stato più molto da dire.  Per un periodo è stato tutto nella testa, poi nemmeno lì. Se infatti mi fermo ad ascoltare, non sento niente, nessuna voce. Nessun solipsismo nella testa.  Mi sforzo di cercare qualcosa di interessante da dire, ma forse semplicemente non c'è più. Constatazione amichevole, come nei migliori incidenti.
Vivo la vita, male o bene non importa, forse sopravvivo, volendo proprio analizzare il tutto.
Ho imparato a spingere di lato le cose che mi trafiggono, fingere che non ci siano, lasciarle uscire con qualche lacrima distratta nel dormiveglia. Devo solo ricordarmi di non bere prima che il sole sia calato, perchè altrimenti tornano al centro della stanza, come un grosso elefante king size.

martedì 25 marzo 2014

Gioco di Ruolo

Dopo un discreto rumore di cocci rotti arriva sempre un silenzio monumentale.
In quel silenzio, spesso, succede che realizzi.
Realizzo che i problemi del vivere la vita  sono tutti racchiusi nel punto di vista con cui l'affronti.
Molla quello sbagliato e la prospettiva si ribalta da negativa a positiva, oggettivamente.
Roba da morderti le mani a sangue fino all'osso, cantava un certo Morgan.
La mia prospettiva era basata sulle velleità: copiose, presuntuose, vischiose, superomiste.
L'artigiana geniale, la massaia tuttofare, la figlia perfetta, la compagna perfetta, la libraia saggia.
Tutte affanculo.
Ora mi sento come quelli che, vissuta una vita col parrucchino, lo appendono al chiodo e si buttano per strada con la faccia che ti dice " e allora? sono uno con la capoccia pelata!".  Non sanno dove andranno, ma indietro non tornano.


" ... Ho delle cose in testa che nulla hanno a che fare con ciò che mi è stato insegnato: forme e idee talmente vicine a me, talmente in sintonia con il mio modo di essere e di pensare che non mi è mai passato per la testa di utilizzarle in pittura. Così decisi di ricominciare dall'inizio, di disfarmi di tutte le nozioni acquisite e di fidarmi delle mie idee.  Fu uno dei periodi più belli della mia vita: nessuno che mi ronzasse attorno per vedere cosa stessi facendo, nessuno a cui interessasse il mio lavoro, nessuno che dicesse qualcosa a riguardo.  Ero sola e insolitamente libera.  Lavorando in solitudine e nell'anonimato non avevo nessun altro da compiacere al di fuori di me stessa."

                                                                                           Georgia  O'Keeffe








lunedì 10 marzo 2014

Abbasso le quote rosa


Questa è la puntata in cui io spiego perchè a 31 anni ho solo buoni amici maschi e solo qualche amica femmina, prevalentemente nata a valle e quindi della vita assai consapevole. Questa è anche la puntata in cui non potrete confutare la mia teoria con il classico "le donne non si pigliano proprio tra di loro perchè son donne".  Stavolta c'ho-le- prove, quindi mettete comodi le vostre ragioni in saccoccia e leggete zitti e muti quanto segue.
La parità dei sessi  nelle dinamiche relazionali non esiste: un uomo non si sognerebbe mai di importunare una donna la cui metà si trovi esattamente al suo fianco, salvo stati di alterazione chimiche/alcoliche.  Un maschio normodotato immagina benissimo cosa potrebbe accadere altrimenti.
Una donna, invece, lo fa in pieno giorno e con la faccia da impunita, approfittando delle tue momentanee assenze ( anche una della valle ha bisogno della toilette!) e regalandoti pure un suo gadget fatto a mano, come a dirti "lo vedi come ti inculo col il mio bon ton?".
Una donna lo fa  sotto il tuo naso di fidanzata in carica  sì per la sua atavica troiaggine, ma soprattutto perchè incoraggiata da una gentilezza che gli uomini non possono fare a meno di sfoderare di fronte a queste soggette,  per le quali blandirli a casaccio è un arte.
Non esiste pudore, non esistono fedi, non esiste confine che le suddette non possano valicare con la loro voce maliarda  e guai, guai a suggerire al maschio una qualsiasi forma di scoraggiamento ai danni della povera micetta: voi siete pazze, voi state esagerando con la sceneggiatura.
Ci svegliamo la mattina pensando di essere migliori di tanti minus habens in circolazione, di aver studiato e vissuto abbastanza per capire tutti gli incastri mentali da evitare, ma poi questi episodi ci riportano alla dura realtà: davanti alla vasta gamma di reazioni possibili siamo tutti uguali, tutti deboli e quasi tutti piuttosto vanitosi da lasciar correre il nastro o piantarci sopra un casino che levati.


Essere superiori: un concetto da approfondire.


lunedì 17 febbraio 2014

Andorra di Peter Cameron doveva essere il mio prossimo episodio di rubriken.
Poi stamattina l'ho finito ed ora devo fare i conti col sentirmi orfana di un'atmosfera magica, che lo pervade dalla prima all'ultima pagina. Una sospensione morbida, un rifugio mentale privo di spigoli.
Ci sono dei libri che ti restano addosso, che cambiano, seppur di poco, la percezione che hai di qualcosa. Sono gli stessi libri che arrivano quando tu quella certa idea ce l'hai già che ti frulla nella testa, ma ritrovarla tra le righe evidenzia uno stato di necessità che poi non riesci più a tacere.
Un altrove che ci salvi.
Una luce che ci accarezzi, sempre.
I giorni in bilico, ma sensati.



martedì 4 febbraio 2014

Metti che un giorno traslochi ed è tutto vero

Da circa venti giorni abito in una nuova casa.
Lo specifico subito, nel caso non si capisca ( come al solito) dove voglio andare a parare, ma soprattutto anche per illudermi di non essere scaramantica, di quella scaramanzia che se apri bocca è tutto finito.
In 31 anni di pronostici/fantasticherie/paranoie sul mio futuro, mai una volta che mi abbia sfiorato l'idea che un giorno, prima o poi, avrei dovuto portare tutte le mie cose altrove.
L'università ( vedi alla voce " 5 anni fuori") non è stata affatto la puntata zero: sempre troppo presa da un altrove non meglio identificato, ho abitato tre case diverse senza mai mettere radici, all'insegna del precariato domestico totale ed al massimo un paio di scatoloni per svuotare una stanza.  Mai un vestito buono, mai un prezioso tomo. Solo all'inizio ho osato uno stereo, ma ben presto anche quello ha fatto ritorno alla base. La mia fidata coinquilina era la costante sensazione di mancata appartenenza.
Che poi casa, questa parola di cui abusiamo, per me che voleva dire? Niente, se non quattro mura con un groviglio di affetti malgestiti nel mezzo, dove potersi però parcheggiare gratis a tempo indeterminato, in attesa che quel vuoto semantico e sentimentale si riempisse.
Non è stato facile aspettare, ma quello che è venuto dopo ha risarcito in pieno ogni sconforto.
Ho già portato metà dei vestiti, metà dei dischi, un quarto di libri, un servizio di piattini da caffè spaiato, il batman gigante e la radiolina, ma già mi sentivo finalmente a casa quando c'era ancora solo lo spazzolino. E' incredibile come il peso delle cose, la loro incidenza sulla mia mente "vogliotuttosottocontrollo", si polverizzi di fronte ad una nuova, bella gamma di necessità immateriali.
Probabilmente il mio sarà il trasloco più lungo della storia, oppure magari è già finito.
Mi prendo quel che resta dell'inverno per capirlo, ma anche no.